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DAVIDE GRANELLI: SOLDATO E VENDITORE AMBULANTE
Seconda puntata
di Renato Cattaneo
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Nella prima puntata abbiamo presentato il personaggio e lo abbiamo seguito nella sua vita di soldato, scorrendo le pagine del suo diario, fino alla primavera del 1917, quando battendo la mazza sullo stampello urta una mina, salvandosi miracolosamente.
Vita pericolosa dunque e faticosa, a trasportare reticolati e munizioni. Nell'offensiva di giugno Davide rimane ferito, lo trasportano all'ospedale di Mestre dove rimane 25 giorni. Gli danno 20 giorni di convalescenza che trascorre a casa. Rientra e lo mandano prima a Mantova e poi a Brescia a fare il corso di mitragliere, gli consegnano, dopo 40 giorni, il treppiedi della mitragliatrice Fiat-Revelli e lo destinano all'altopiano della Bainsizza, un luogo mitico per sacrifici ed eroismi, un nome che mette i brividi. Durante la marcia a tappe forzate Davide, tormentato dalla sete, beve acqua in una pozzanghera e gli viene la febbre tifoide: 40 gironi di lazzaretto e successiva degenza all'ospedale di Pordenone, fino alla ritirata di Caporetto. "Mi hanno trasferito all'ospedale di Asti e poi a casa in convalescenza". Rientrato in reparto ha fatto il campo invernale a Brescia fino all'aprile del '18. Non è finita. Lo inviano sul fronte francese: passa la Marna, arriva alle Argonne e qui viene colpito dai gas asfissianti; qualche giorno di regione e poi a Bligny. Per otto giorni i tedeschi li martellano di cannonate. Un panorama infernale. Si scavano buche come talpe per salvarsi. Un bel momento si vedono i tedeschi a plotoni affiancati avanzare nei campi. Si affrontano alla disperata con bombe a mano e una mitraglia, arrivano anche i marocchini di rinforza ai francesi e i tedeschi retrocedono.
Licenza premio di 15 giorni; si può festeggiare a casa la Madonna di San Marco e poi si torna in Francia. In due giorni di camion li scaricano in faccia al fuoco tedesco a Reims. Arriva una scarica di mitraglia, il caporale viene ucciso; Davide accanto a lui si getta in un burrone col treppiede nelle spalle e ancora una volta è salvo. Ma non è finita. Riavvia la mitraglia in un campo di grano, lo scoprono, una bomba a mano lo colpisce, ma non scoppia, una seconda è scoppiata "e mi è venuta una scheggettina nell'occhio sinistro". A questo punto, dopo essere passato al posto di soccorso, prosegue a piedi, lo raccoglie un'ambulanza e lo porta all'ospedale da campo sotto il fuoco dei cannoni. E così Davide vive l'inferno del fronte francese e può ancora dirsi fortunato rispetto ai tanti che ci hanno lasciato la vita.
Lo trasferiscono per 15 giorni a Lione e da quell'ospedale passa a quello di Torino, dove gli estraggono la scheggia "con una grossa calamita". "In quel tempo è venuto l'armistizio, finita la guerra il nostro capitano oculista ci ha regalato una bottiglia di vino Champagne a tutti, era contento anche lui. Venuto in licenza, di nuovo a Roma a fare il picchetto armato, dopo si doveva andare a Fiume con D'Annunzio, ma arrivati vicino a Trieste, dopo un po' di giorni mi è arrivato il congedo. Quello è stato il più bel giorno della mia vita".
Ho voluto far chiudere questo avventuroso racconto dalle parole autentiche scritte da Davide nel suo diario. Così un uomo che esce da anni di inferno chiosa con disarmante semplicità una vicenda che l'ha coinvolto nella guerra più cruenta che mai l'umanità avesse conosciuto. Sembra di leggere quel pensierino che di solito scrivono i bambini nel giorno della Prima Comunione "Il più bel giorno della mia vita".
Credo che nessun libro di storia possa rendere con più chiarezza e in modo così emozionante il senso della carneficina che tra il '15 e il '18 ha travolto gli eserciti contrapposti e il dramma della sofferenza individuale di tanti soldati, portata con rischio ed esemplare dignità.
Qui incomincerebbe l'altra storia di Davide. Chissà, se ne avremo modo, ve la racconteremo in futuro. |
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