Periodico d'informazione e cultura. .


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Editoriale
Un nuovo parcheggio nel vecchio campo sportivo
Veterrima Plebs
Santamaria: Come sono cambiati i tempi
Chi non ha un parente in inghilterra?
Tornolo, avamposto Emiliano verso la Liguria
Bedonia Calcio
Comunità Montana
Davide Granelli: Soldato e venditore ambulante
Riceviamo e pubblichiamo da Cereseto
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Non è vero che sono tutti uguali
Un po' di poesia
Il nostro dialetto...
Cucina di ieri e di oggi
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SANTAMARIA: COME SONO CAMBIATI I TEMPI
La testimonianza di uno degli anziani del paese.
di Maria Cristina Granelli


Per rendersi conto dei cambiamenti che ci sono stati nel nostro paese ( i giovani non se possono rendere conto), abbiamo intervistato a Campeggi Emilio Lusardi, che essendo della classe 1912 è uno dei più anziani del paese. Ma ecco le sue parole:

“Sino a quattro anni fa avevo ancora una mucca, ultimo residuo di una stalla di sei capi, perché il mio podere non ne poteva mantenere di più.
Per un certo periodo ho avuto anche la cosiddetta “stazione” modo di dire per indicare il toro da riproduzione. Andavo a tagliare il fieno anche nelle comunaglie sotto il monte Penna. Tutta la campagna era come un giardino, dalle mie finestre lo sguardo spaziava sui campi di frumento, patate e granturco. In un piccolo appezzamento soleggiato seminavo l’orzo, che poi tostavo e che buon caffè si beveva! I prati in primavera si pulivano con una scopa fatta di rami di faggio, si buttavano i sassi, che intralciavano il taglio del fieno, taglio che si faceva a mano con la falce.

In estate le valli risuonavano del rumore delle falci per affilarle. Il taglio del fieno avveniva solo una volta all’anno, perché a quei tempi il clima era diverso. Infatti in estate non pioveva, perciò non cresceva erba in continuazione come ora. Quando esco e vedo questi rovi che invadono tutto mi viene un nodo in gola. Mai più avrei creduto di vivere tanto da vedere questi disastri. Ormai dalle finestre vedo solo piante e sterpaglie. Una mucca dava circa 10 litri di latte, ma non in tutte le stagioni perché seguiva il ciclo della natura. In estate le mucche le tenevano nei casoni vicino ai pascoli estivi, perché accanto alle abitazioni si seminava. In inverno si portavano nelle stalle vicino a casa e si accudivano. Da mangiare davano loro fieno, paglia e come prelibatezze le sottili bucce delle nostre mele, gli scarsi avanzi dell’orto, che si facevano bollire con qualche manciata di crusca e di “pannello” cioè scarto di granaglie. Noi contadini siamo stati abbandonati dai nostri governanti, potrei dire in mezzo ad una strada. Tutta la nostra coltura è stata annientata. Eravamo autosufficienti, vendevano uova e burro per comprare lo zucchero e il sale, tutto il resto era di nostra produzione. In tempi più recenti venivano a prendere il latte con appositi camion per la Parmalat, ma poi hanno smesso, preferendo importarlo dall’estero, a minor costo. Se penso che nella nostra vallata c’erano circa 1000 capi di bestiame, mi chiedo che stolta politica ci abbia ridotto a non averne neanche più uno. Ho la sensazione d’essere alla fine del mondo”.

A Pianazzo, dove siamo andati a trascorrere una piacevole veglia, Carlo e Pietro Longinotti hanno detto con malinconia:
“Siamo d’accordo con tutto ciò che ha detto Emilio. Adesso al posto delle mucche abbiamo i cinghiali che finiscono di rovinare le nostre vallate. Non abbiamo più una mucca che brucando le erbacce tenga pulito il sottobosco, perciò stanno scomparendo i mirtilli, le fragole e i lamponi, abbondanti al punto che li mandavano in Svizzera ed alla Motta a Milano.

Certo quei tempi non ritorneranno più. Però chiediamo degli aiuti, perché qualcosa con buona volontà da parte dei nostri governanti si può ancora fare. I nostri anziani, con saggezza contadina, dicevano che dietro la rovina della campagna verrà quella della città. Noi pochi abitanti rimasti a Santa Maria del Taro siamo lo zoccolo duro e aspettiamo questi aiuti nonostante tutto”.


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