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IL MUSEO DEGLI ORSANTI
di Marco Moglia
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La definizione "orsanti" fino ad alcuni anni fa ha rappresentato per i valtaresi, specie quelli di giovane età, un significato assai curioso e singolare
Gli orsanti, come evoca la definizione, erano i girovaghi domatori di orsi (da cui "orsanti"), di scimmie (da cui "scimmianti") e via dicendo, che dipartendo dal nostro povero appennino tra il Sette e Ottocento, si stanziarono un po ovunque in Europa ed in altri contimenti.
La vita, allepoca, nelle nostre valli, specie in quelle comprese fra lEmilia e la Liguria, non era certo agiata scarseggiando il cibo e risorse di prima necessità.
Lesigenza di trarre quotidiano sostentamento per sé e per le proprie famiglie, indusse alcuni valligiani ad abbandonare i propri luoghi e a raggiungerne altri, assai lontani, cercando fortuna.
La vita prevalentemente contadina ed il frequente contatto con gli animali, indusse alcuni di costoro a "metter in arte" le attitudini di ammaestramento raggiunte nel tempo con i propri animali e con quelli che, trovati in altri luoghi, ebbero a incontrare.
Nacquero così i primi circhi di strada.
Per dare unidea dellentità del fenomeno basti pensare che verso la metà dellOttocento nella sola Londra erano attivi circa seicento di questi "artisti di strada", quasi tutti provenienti dal nostro entroterra parmigiano ed, in particolare, dai paesi raccolti alle pendici del monte Pelpi.
Ciò merita un ricordo particolare poiché rappresenta, senza ombra di dubbio, un particolare fenomeno allinterno di quello assai più vasto rappresentato, in generale, dallemigrazione.
Compiano, grazie al tenace impegno della compianese Maria Teresa Alpi, ospita il primo "Museo degli Orsanti" che, a carattere permanente allinterno dellex oratorio di San Rocco, raccoglie cimeli, documenti, attrezzi, indumenti, ecc. ecc., ispirati agli orsanti.
Da alcuni anni la curatrice dellopera raggruppa e custodisce le testimonianze di un non lontano passato in cui ognuno dei visitatori può riscoprire i valori, le amarezze, le gioie della vita "ramenga" che contraddistinse alcuni dei nostri avi.
Esso è luogo in cui il visitatore, e a ciò si deve il particolare valore dellopera, inconsapevolmente, respira il misto fra la frustrazione e la soddisfazione del girovago, il precario equilibrio che unisce il quotidiano bisogno dellorsante alleffimera soddisfazione dello spettatore. |
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